La nostra lettrice Federica Vozza ci ha inviato una poesia sul camionista, sulla sua vita, le sue notti. Bellissima, struggente, grazie Federica.

 

 

 

 

 

Quelle notti

Al rombo del motore non faccio più caso.
Ormai ci sono abituato…
La musica in sottofondo era per stare sveglio.
Rischia invece di conciliarmi il sonno.
La strada mi scorre dinanzi
in soluzione di continuità.
Porterò anche questo carico a destinazione.
Il camion imponente, le sue gomme fumanti.
Delizia di libertà.
Bruciante dannazione.
Le maglie fitte dei tempi di consegna
non lasciano respirare.
A volte le pause non son permesse.
C’è l’urgenza di arrivare.
Ai vertici non interessa il rischio
di una stanchezza inascoltata.
Il cliente deve essere soddisfatto.
Arrangiatevi voi, su come stringere il tratto.
Io tengo botta, resisto come posso.
E prego che gli occhi assonnati
non mi deraglino in un fosso.
La paga serve, non mi posso ribellare.
Lo straniero è più conveniente.
Guai a me, se sfuggono le parole.
Ma a volte questa vita ha qualcosa di magico.
La notte mi appartiene, la strada è sgombra.
I pensieri scorrono insieme ai chilometri.
Nelle stazioni di servizio a volte li avverti
in compagni di sventura che non hai visto mai.
Nella fiumana di gente che arriva e parte,
nel tintinnìo di cucchiaini dentro le tazzine di caffè,
ci si riconosce tra simili.
Allora sciogliamo le tensioni nei racconti
delle nostre vite.
Tra una parola e uno scherzo, ci togliamo i pesi.
La comprensione solidale è un sollievo
per la schiena dolente.
Ma l’orologio è tiranno.
Ti saluto, amico di passaggio, devo ripartire.
Siamo camionisti, che ci vuoi fare?
Sono mie le notti di marce forzate.
Quelle notti in cui mi ricordo di avere un cuore.
Federica Vozza

 

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